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Ei dava leggi; e in quefta guifa il Padre
Del popolo fenz'armi, fenza forza,
Senz'arte ufar, ne divenia Signore.
VI. Finchè quefto fatal tempo non giunse,
Solo ogni Patriarca era di tutti

Padre, Monarca, e Sacerdore infieme,
Arbitro dello Stato ancor nafcente,
Che prendea ciafcun dì forma più bella
Sotto il paterno fuo placido freno:
Dei popoli foggetti, e rispettofi
Ei facea la delizia, e le fperanze,›
Che dopo Iddio, dopo il Fattor Supremo,
Non cercavan fuor di effo altro softegno,
Altro duce, altra guida, altro riftoro;
Leggi i fuoi fguardi, oracoli i fuoi detti
Erano a lor; nè con ardir protervo
Tentavan mai d'opporfi ai fuoi voleri.
Al bene univerfale ei fempre volto,
Prima a fegnare folchi in ful terreno
Onde trarre alimento; indi le varie
Arti, onde meglio foftener la vita,
E domar gli Elementi, onde raccorre
E diletto, e vantaggio, ad effi apprefe;
A faziar la lor fame al fuol prostefi
Dell' aria fè cader gli abitatori,

E dal fondo del mar traffe il notante
Gregge fua preda in fu l'afciutta arena.
Sotto il pelo degli anni oppreffo in fine
Ei di vita manco; quello, che i voti
Qual Deità rilcoffe, allor qual Uomo
Dei popoli in tributo ottenne il pianto;
Quefti da gratitudine fofpinti

Di lui l'effigie a confervar fur volti
E quindi con fagace avvedimento
Della Natura imitatrice induftre
Q

i

L'ar

L'arte della Pittura origin
I Nipoti forprefi alla perenn
Fama paffata in lor di quell
Che per dritto di fangue in
Tempo fopra degli Avi ebbe
Stupidi, e rispettofi un ciec
A render lor quai Numi er
E pronti ad erger lor Temp
Ma fatti accorti poi dalla F
D'effer creati anch' effi, e
Da un tal principio ammael
(Di età in età negli Uomi
A diftinguer dall' opra il fuo
Ma un fol fenza compagno
d
Poichè il porne più d'un
Con infana follia l'Ente pri
Pria che lo spirto ai lumi fuo
Di quefto eterno ver paffaffe
L'Uom dei doni del Ciel
Senza che mai da lufinghier
Foffe la fua Ragion vinta,
O fconvolto, e turbato il
Sotto la dolce immagine di
Iddio fempre vedea, non di
Atroce, ineforabile, fever
L'Amor dei suoi doveri
L'Amor fegnava i paffi a
Indiftinti nel Mondo eran
Dritto Divino, e dritto d
E il fecondo, in cui l'al
Alla mente d'
ognun con
Scopria fenza periglio, e
Del fentier di virtù l'ert
Deli' Uomo allor fervil f
Timido nol facea ful fuo

;

Altro in lui non fcorgea, che il Sommo Bene
Le due poffenti regole motrici
Santa Religion, ragion di Stato

Ambe da un fol principio eran dirette:
Lor fcopo effendo unir nel noftro petto,
L'Amor dovuto alla Cagion Suprema,
A quello, onde in focievole alleanza
Gli Uomini amar fi debbono tra loro.
Qual (i) fu mai tanto crudo empio mortale,
O 2

Che

(Oltre del Defpotifmo parla in quefti verfi Pope dell'Idolatria, e della Superftizione, che egli crede eflere confeguenze del medefimo, e della Tirannia. Per verità quefta di lui opinione fembra foffrire qualche difficultà, mentre non faprebbe renderfi ragione fu questo piede, in qual forma gli Uomini fi portaffero ad adorare gli Aftri, le Piante, od altri Enti inanimati, o fiv vero gl' inventori delle Arti, e gli Eroi, conforme tutti gli Storici, ed i Mitologi fanno teftimonianza. Sarebbe parimente molto difficile il connettere col Delpotifmo tanti Riti fuperftiziofi affatto difparati dai fini del medefimo; nè fi potrebbe comprendere come nelle Repubbliche, e nei Paefi amantiffimi della Libertà, dell' Indipendenza, la Superftizione abbia avuto credito, e corfo. Verifimilmente egli ha avuto in animo di limitarsi a dipingere quella parte d'Idolatria, e di Superftizione, che era rivolta alla adorazione dei più potenti, o foffero in vita, o dopo la morte. Non può ancora negarfi, che la Superftizione prefa in iftretto fenfo fi dice essere un abuso di Religione, che ce la fa confiderare, come una tirannia, e come un giogo. Quefta era la fignificazione, che davano a quefto vocabolo i Greci col termine Deifidaimonia; ed a quefto allude Lucrezio, allora che dice

Horribili fuper adfpectu mortalibus inftans.

Aderendo pertanto a quefte nozioni, non fi pena ad in

ten

Che ad animi fervili apprefe il primo,
Che in vantaggio d'un fol dalla Natura
Tutti prodotti fur, contro il comune
Ordine, e l'armonia, che in ogni lato.
Il Creator providamente infufe;
Barbara, e mostruosa opinione,
Che violare ardifce il bel concerto,
E la prima, che il Ciel fcriffe, e ripofe
D'ogni vivente in fen Legge d'Amore.
Tu lei, che il Mondo intier turbi, e confondi,
Tu i diritti più facri urti, e rovesci,
Tu i legittimi Re sbalzi dal foglio,
E dei Tiranni sei Madre, e Signora.
Da furor cieco all'ingiuftizia unito
Tra la confufione, e tra l'orrore
Nacque la Tirannia; furfe ben tofto
Seco, a render men dubbio, e più ficuro
Il Piratico fuo nafcente Impero,
La Superftizion, che truce, e gonfia
Di fanatico zelo, fotto l'ombra
Dell'ingiufta difpotica poffanza

Nata appena che fu, crebbe, e fi ftefe..
Ella gli avidi e rei conquistatori
Cangiò, vilmente adulatrice, in Numi,
E coftrinse a piegar fotto l'indegnó
Giogo la fronte i Popoli delufi;
Con più folli chimere ella feduffe

Quel

tendere, come fotto l'ombra del Defpotifmo acquistaffe feguaci, e fi dilataffe. Era utile alle mire dei Tiranni quella foverchia, e timida credulità. Talvolta fi erano ferviti di quefto artifizio gl' ifteffi Principi moderati, e Legislatori più faggi, per tenere in freno la moltitudine; fe è vero ciò, che riferifeono Cicerone, e Plutarco, e particolarmente Polibio.

Quelli infelici allor; deboli, ingiuste,
Sognate Deità coftruffe ad arte,
Violente, crudeli, capricciofe,

Ai Tiranni nei vizj in tutto eguali, E complici con lor dei lor delitti. L'Amor di fe non ebbe allor più freno; Tutto egli invafe allor; giufto, od ingiufte Tutto fece fervire ai fuoi voleri; Refe gli eguali al fuo poter foggetti; A genio fuo fuor di ragion produffe Dei fantaftici dritti in fuo favore Beni, onori, piaceri a se rivolse, E credè tutto buon, lecito tutto, Per faziar le fue voglie, i fuoi piaceri. Ma quefto (k) Amor di fe cagione in fine

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(k) „ Utilitas justi prope mater, & aequi.

Di.

in questa forma fi efpreffe Orazio. Egli diffe pure, che la Natura

ed altrove

» Jufto nequit fecernere iniquum,

"Jura inventa metu injufti fateare neceffe eft. Tutto questo porterebbe a concludere per conteguenza, che gli Uomini nella formazione delle Leggi pofitive. non avessero avuto altro in veduta, che il loro comodo. L'utile, di cui qui parla il noftro Poeta, è quell' utile univerfale, il quale in foftanza non è alto, che Putile della Ragione, che fi difcopre con la fcorta della Legge primitiva della Natura. Ciò differifce molto dal penfamento dell' altro; poichè egli è certo, che fesli Uomini avellero avuto in confiderazione quello, che qu • loro tornava in conto, non farebbero ftate promulga

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